(22-04-06) Chi mangia (poco) campa cent?anni
Vecchia storia, l?elisir di lunga vita...ma pu? darsi che ora si sia pi? vicini a ottenerlo: soltanto, non si tratta di qualcosa che si beve o si mangia, ma del suo contrario. Infatti, un recente studio sull?uomo rilancia il ruolo della restrizione calorica. In passato, numerose ricerche su animali che hanno normalmente una vita breve (dal moscerino della frutta ai roditori), hanno mostrato che diminuire le calorie giornaliere aveva tra gli altri questoi effetto. Condurre ricerche su animali pi? longevi pone qualche problema ? uno studio sull?uomo dovrebbe cominciare ora e finire, magari, nel 2106. Per? esistono alcuni ?marker? della longevit?, vale a dire dei fattori che di solito si ritrovano nelle persone che vivono pi? a lungo della media: per esempio la superiore sensibilit? all?insulina, la minore temperatura corporea interna, i superiori livelli di un ormone chiamato DFHEA (a suo tempo proposto anche come l?elisir in questione, con esiti non conclusivi). Su che cosa si basa l?idea che tanto possa il digiuno ? gi? stato spiegato: il metabolismo energetico comporta reazioni di ossidazione, e queste comportano a loro volta la formazione di radicali liberi, capaci di danneggiare proteine, lipidi e il DNA. Riducendo le calorie si perde di massa metabolica (cio? si dimagrisce), quindi si riduce il consumo energetico e, con esso, il danno da ossidazione.
Sei mesi di dieta
Con questa premessa, i ricercatori hanno radunato di adulti (48 tra uomini e donne) sovrappeso ma non obesi (indice di massa corporea inferiore a 30) e con una vita sedentaria. Le persone sono state suddivise in 4 gruppi. Uno, di controllo, tenuto a una dieta di mantenimento del peso attuale; uno sottoposto a una dieta che riduceva l?introito calorico del 25%; uno tenuto a una dieta meno restrittiva (12,5% in meno di calorie), ma associata a un programma di attivit? fisica che ne consumava un altro 12,5%. Infine, il quarto gruppo era stato assegnato a una dieta ipocalorica stretta: 890 calorie al giorno fino a ottenere una perdita di peso del 15% di quello iniziale, poi una dieta di mantenimento. Il regime assegnato veniva mantenuto per sei mesi. All?inizio e alla fine di questo periodo, in tutti i partecipanti sono stati valutati il peso corporeo, ovviamente, il consumo di energia, il livello di insulina a digiuno, la temperatura corporea, i livelli di DHEA e glucosio, la presenza di carbonili proteici (segno di attivit? ossidativa), il danno al DNA.
Una risposta positiva
Tutti gruppi a regime hanno perso peso, il 13% quello del regime ipocalorisco stretto e attorno al 105 gli altri due. Nessun cambiamento si ? osservato nel gruppo di controllo, mentre i quelli trattati si registrava una diminuzione della temperatura interna dell?insulinemia a digiuno. Non cambiavano invece i livelli DHEA e di glucosio. Quanto al consumo energetico (calcolato a riposo, altrimenti ? evidente che aumenta in funzione dell?attivit? svolta), vi ? stata una riduzione significativa, addirittura superiore a quella che ci si poteva attendere vista la perdita di massa. In pratica, il metabolismo di chi era sottoposto a dieta si ? adattato riducendo i consumi. Insomma, se si aggiunge che anche il danno del DNA risultava inferiore rispetto al gruppo di controllo, i ricercatori possono concludere che effettivamente si ripresenta una situazione analoga a quella che caratterizza le persone longeve. Basta questo a festeggiare una lunga serie di compleanni?
Sveva Prati
Fonte
Heilbronn LK et al. Effect of 6-Month Calorie Restriction on Biomarkers of Longevity, Metabolic Adaptation, and Oxidative Stress in Overweight Individuals
A Randomized Controlled Trial. JAMA. 2006;295:1539-1548.
Fonte: dica33
La dieta protegge le nostre cellule
Una recente ricerca statunitense indica gli effetti sulla longevit?
di Francesco Bottaccioli *
Aprile ? un buon mese per la ricerca scientifica sull'invecchiamento. L'anno scorso, il 27 aprile, Pnas, la rivista dell'Accademia delle scienze degli Stati Uniti, pubblic? il primo studio, firmato da Luigi Fontana che divide il suo lavoro di ricerca tra l'Istituto superiore di sanit? e la Washington University, che documenta negli umani gli effetti antinvecchiamento di una dieta con meno calorie di quella occidentale media.
Il 5 aprile di quest'anno su Jama, la rivista dell'Associazione medica americana, sono stati pubblicati i dati del primo studio randomizzato controllato che ha indagato gli effetti di una dieta ipocalorica su alcuni importanti indici fisiologici umani.
Lo studio ? stato finanziato dal National Institute of Aging, l'ente governativo di ricerca sull'invecchiamento e ha coinvolto 48 volontari, maschi e femmine, et? media 38 anni, in lieve sovrappeso, che per sei mesi sono stati divisi in quattro gruppi: un gruppo ha seguito una dieta con una riduzione del 25% delle calorie totali; un altro ha ridotto le calorie del 12,5% e ha incrementato la spesa energetica, tramite attivit? fisica, di un altro 12,5%; il terzo gruppo ha seguito una dieta decisamente ipocalorica, 890 calorie al giorno fino a quando il peso di queste persone si ? stabilizzato sul limite del sottopeso, senza per? oltrepassare la soglia; infine un gruppo di controllo che seguiva una normale dieta.
Da notare che tutti e quattro i gruppi sono stati strettamente controllati: per le prime dodici settimane dello studio i volontari hanno fatto due pasti al giorno al centro di ricerche biomediche della Louisiana University, poi sono stati "liberi" di seguire a casa propria le ferree indicazioni dei ricercatori, salvo ritornare a mangiare al centro nelle due ultime settimane dello studio. Per aumentare l'adesione dei volontari al regime alimentare e comportamentale assegnato, gli scienziati hanno fatto ricorso anche a sedute di tecniche cognitivo-comportamentali.
I risultati sono i seguenti: tutti e tre i gruppi a dieta hanno ovviamente perso peso, mediamente 8-10 chili (altro che pillole antiobesit?!), ricollocando tutti i partecipanti all'interno del normale indice di massa corporea (BMI nella sigla internazionale). Tutte le persone a dieta hanno anche visto diminuire la temperatura corporea, i livelli di insulina a digiuno e dell'ormone tiroideo attivo (T3). I primi due sono considerati significativi marker biologici di longevit?. Il T3 ? strettamente collegato al metabolismo. Complessivamente, temperatura corporea, insulina e ormone tiroideo alti significano un aumento del metabolismo e quindi anche della produzione di specie reattive, dell'ossigeno e dell'azoto (i famosi radicali liberi), che possono danneggiare le componenti cellulari, soprattutto i mitocondri che sono le centrali energetiche della cellula. Un danno ai mitocondri e in particolare al DNA di questi organelli pu? creare una catena di guai, tra cui alterazioni nel metabolismo delle proteine con conseguenti accumuli nei tessuti (fegato, cuore, cervello) e aumento dell'infiammazione con altri danni agli organi provocati dal sistema immunitario.
Lo studio, per la prima volta negli umani, conferma che una dieta ristretta, ma equilibrata, ? in grado di ridurre i danni al DNA delle cellule. Cellule con un DNA meno danneggiato sono pi? in grado di far funzionare al meglio i sistemi metabolici e di controllare la produzione di radicali liberi. Gli animali da esperimento, in queste condizioni, vivono un trenta per cento in pi? della media. I primi studi sugli umani ci inducono a pensare che anche la longevit? umana potrebbe beneficiare di una dieta pi? povera in calorie.
* Scuola di medicina integrata www.simaiss.it
www.repubblica.it
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