(20-09-10) Sibutramina aumenta il rischio di infarto e ictus non fatali
I pazienti in sovrappeso od obesi con preesistenti problemi cardiovascolari e
sottoposti a trattamento a lungo termine con sibutramina presentano un
accresciuto rischio di infarto miocardico non fatale e di ictus non fatale, ma
non di morte cardiovascolare o per tutte le cause. ? l'esito di un trial
multicentrico realizzato da ricercatori partecipanti al gruppo Scout
(Sibutramine cardiovascular outcomes) tra i quali Aldo P. Maggioni
dell'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) di Firenze.
Sono stati arruolati 10.744 soggetti sovrappeso od obesi con pregresse
cardiopatie o diabete di tipo 2 o entrambe le condizioni cliniche per valutare,
in persone ad alto rischio cardiovascolare, le conseguenze della gestione del
peso con e senza il ricorso a sibutramina. Il farmaco ? stato somministrato a
tutti i partecipanti, i quali dovevano seguire un programma per il controllo
del peso per un periodo iniziale a singolo cieco di sei settimane; quindi,
9.804 soggetti sono stati randomizzati in doppio cieco a ricevere sibutramina
(n=4.906) o un placebo (n=4.908). L'endpoint primario era costituito dal tempo
trascorso dalla randomizzazione alla prima comparsa di un evento relativo a un
outcome primario (infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, rianimazione
dopo arresto cardiaco o morte cardiovascolare). La durata media del trattamento
? stata di 3,4 anni. La perdita media di peso durante il periodo iniziale ?
stata di 2,6 kg; dopo la randomizzazione i soggetti del gruppo sibutramina
hanno raggiunto e mantenuto ulteriori riduzioni ponderali (1,7 kg in media). Il
rischio di un evento legato a un outcome primario ? risultato pari a 11,4% nei
soggetti trattati con sibutramina a fronte di un valore attestato sul 10,0% nel
gruppo placebo. I tassi di infarto miocardico non fatale e ictus non fatale
sono risultati del 4,1% e 2,6% nel gruppo sibutramina e del 3,2% e 1,9% in
quello placebo, rispettivamente (Hr per infarto: 1,28; Hr per ictus: 1,36),
mentre i tassi di morte cardiovascolare e per tutte le cause non hanno fatto
registrare incrementi.
Fonti:
N Engl J Med, 2010; 363:905-917
doctornews33
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