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Le ricerche di Gerona 2005

(23-01-11) Allergici a un cibo? Nella met? dei casi ? solo un timore infondato




In molti si privano senza reale necessit? di qualche nutriente importante
MILANO - La maggior parte di coloro che si credono allergici a determinati alimenti non lo ? affatto. ? uno dei primi dati che emergono dalle nuove Linee guida statunitensi per la diagnosi e la gestione delle allergie alimentari, redatte sotto l?egida del National Institute of Allergy and Infectious disease e pubblicate sul Journal of Allergy and Clinical Immunology: in una percentuale variabile dal 50 al 90% dei casi di presunta allergia alimentare basta qualche accertamento per sgretolare la diagnosi. In molti casi, "responsabili" di queste pseudo allergie sono i cosiddetti "test di intolleranza" (come il Vega test, l?esame del capello o quello di citotossicit?) che convincono persone sane di dover evitare questo o quell?alimento. ?Quella delle intolleranze ? "una moda", a causa della quale sono in molti a privarsi senza fondamento scientifico di nutrienti importanti? spiega Jan Schroeder, allergologo dell?Ospedale di Niguarda a Milano, dichiarandosi d?accordo con le linee guida che ne sconsigliano l?uso. Ma per decidere di eliminare completamente una voce dal proprio menu non basta nemmeno che in una o pi? occasione si sia manifestato qualcuno dei disturbi che sono possibili segnali di una reazione allergica (GUARDA).
PRICK TEST - ?Intanto occorre che la reazione si presenti entro mezz?ora, al massimo due ore, dall?assunzione del cibo incriminato, oppure entro 36 ore, nel caso delle allergie di tipo ritardato? spiega Gianni Cavagni, primario di allergologia pediatrica all?Ospedale Bambino Ges? di Roma. Se le manifestazioni sono tardive, la diagnosi si basa solo sui sintomi, mentre nelle forme immediate, che dipendono da anticorpi chiamati IgE, il sospetto clinico pu? essere confermato con il Prick test (nel quale si mette a contatto della pelle una piccola quantit? di estratto delle sostanze incriminate e poi si punge attraverso la goccia) e con un esame del sangue, che serve a cercare le IgE specifiche responsabili della risposta immunitaria anomala verso quel determinato alimento. ?? inutile invece, di solito, dosare la quantit? totale di questi anticorpi - aggiungono gli autori delle linee guida -, cos? come effettuare altri tipi di test cutanei?. La prova del nove pu? venire dal cosiddetto test di scatenamento, in cui, sotto controllo medico, si somministrano in quantit? crescenti gli alimenti sospetti per verificare se davvero inducono una reazione. ?Poich? l?esame non ? esente da rischi - precisa Cavagni - in genere non viene effettuato tanto per confermare un?allergia, quanto per accertare che ? stata superata, cio? che si ? sviluppata una tolleranza, come spesso accade nei bambini col passare degli anni?.
GRAVIDANZA - Il documento degli allergologi americani smonta poi molti luoghi comuni: ?Se ? vero, per esempio, che la presenza di una dermatite atopica aumenta il rischio di allergie alimentari e che gli asmatici possono avere le reazioni pi? gravi - sostengono gli esperti -, ci? non significa che chi ha queste malattie debba evitare gli alimenti considerati allergizzanti quando non c?? prova che questi scatenino reazioni in quel determinato individuo?. Ed ? indubbio che la presenza di casi anche gravi in famiglia aumenti il rischio di ammalarsi, ma astenersi dal latte o dalle uova, dai frutti di mare o dalle noccioline, non lo riduce. ?Il discorso vale anche per le donne in gravidanza o che allattano - dice Cavagna, confermando il parere dei colleghi statunitensi -. Non ? mai stato provato che quel che mangia la mamma, o il piccolo fin dall?inizio dello svezzamento, modifichi le probabilit? di sviluppare un?allergia alimentare?. Il documento lo dice chiaro: ?Non bisogna ritardare oltre il quarto-sesto mese di vita l?introduzione di alimenti solidi, compresi quelli noti per la loro capacit? di scatenare allergie?. Fino ad allora, le Linee guida raccomandano l?allattamento al seno: se questo fosse impossibile, piuttosto che il latte di soia, nei bambini ad alto rischio, si possono prendere in considerazione i prodotti speciali a base di idrolisati delle proteine del latte.

Fonte: Roberta Villa ( Corriere.it)

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