(02-03-12) I target di pressione arteriosa nei pazienti diabetici e nefropatici
Le ormai corpose e coerenti evidenze sul ruolo dell'ipertensione come fattore
di rischio cardiovascolare modificabile di primaria importanza, la ricca
letteratura sull'argomento e le iniziative e campagne di educazione destinate
alla classe medica hanno dato forza, consolidato e diffuso il principio di
fondo per cui a una maggiore riduzione dei livelli di pressione arteriosa
corrisponde comunque un vantaggio in termini di rischio di eventi
cardiovascolari.
L'altra idea cardine riguardante la prevenzione cardiovascolare ? che i
pazienti esposti a un maggiore rischio di eventi siano candidati a interventi
terapeutici pi? aggressivi, con l'obiettivo di riduzioni pi? ampie dei fattori
di rischio mirando a target pi? ambiziosi; questo approccio si applica ai
principali fattori di rischio e dunque non solo alla pressione arteriosa, ma
anche ai livelli di colesterolo totale e LDL.
Le recenti linee guida americane riguardanti i target di pressione arteriosa
in pazienti ad alto rischio, cio? i soggetti diabetici e nefropatici, non si
discostano da questa linea: le raccomandazioni 2011 dell'American Diabetes
Association riconfermano quanto gi? affermato nelle linee guida 2007
dell'American Heart Association, ribadendo che nei pazienti con diabete mellito
o insufficienza renale si debba mirare a valori di pressione arteriosa
inferiori a 130/80 mmHg, vale a dire target ben pi? rigorosi rispetto ai 140/90
mmHg raccomandati nella popolazione generale.
? tuttavia non solo legittimo, ma anche opportuno valutare se queste
raccomandazioni si basino su evidenze solide, raccolte in studi dal disegno e
di dimensioni adeguati e nelle popolazioni di pazienti dalle caratteristiche
appropriate e sovrapponibili a quelle dei pazienti della pratica clinica.
Nei soggetti diabetici sono da segnalare i risultati negativi di studi come
l'ACCORD (assenza di benefici negli eventi cardiovascolari derivanti da una
riduzione di 14 mmHg della pressione arteriosa sistolica, da 133 a 119 mmHg,
mantenuta per 4 anni, pur con un beneficio sugli ictus, ma al prezzo di un pi?
alto profilo di effetti collaterali) e gli effetti negativi delle terapie
aggressive con associazioni ACE-inibitore/sartano negli studi ONTARGET e
INVEST. Questi lavori, nell'insieme, indicano che quando un soggetto di oltre
50 anni di et? e coronaropatia riesce a raggiungere livelli pressori inferiori
a 140/90 mmHg trae scarsi benefici da un'ulteriore riduzione di 10 mmHg.
Anche gli studi che hanno arruolato pazienti con nefropatia non hanno
evidenziato benefici sostanziali sulla progressione della malattia renale
derivanti da un controllo pressorio <130/80 mmHg, salvo in soggetti con
nefropatia proteinurica avanzata e comunque con un vantaggio misurabile solo
dopo diversi anni di controllo pressorio aggressivo.
Per quanto sia rilevante contrastare l'ipertensione nelle popolazioni ad alto
rischio cardiovascolare e ottenere nella pratica clinica reale una diffusa
correzione dell'ipertensione arteriosa, le raccomandazioni di ridurre i livelli
pressori al di sotto di 130/80 mmHg nei soggetti diabetici e nefropatici non
sembrerebbero dunque pienamente supportate dalla medicina fondata sulle
evidenze, salvo in casi peculiari (alto rischio di ictus, fattori di rischio
multipli, nefropatia molto avanzata) e dovrebbero dunque essere ulteriormente
discusse.
ABSTRACT ORIGINALE
Blood pressure targets for patients with diabetes or kidney disease
Flynn C, Bakris GL
Curr Hypertens Rep 2011 Sep 9 [Epub ahead of print]
The most recent scientific guideline statements from foundations and societies
dealing with diabetes and kidney disease argue for blood pressure (BP) goals
lower than 130/80 mmHg, but whether the evidence from properly done clinical
trials supports this BP level remains questionable. A review of all the
evidence suggests that almost all of the data come from retrospective data
analyses of randomized cardiovascular and chronic kidney disease (CKD) trials.
Meta-analyses of all clinical trials to date demonstrate that reducing BP
reduces risk for stroke and coronary heart disease, but none have achieved a
mean BP goal of less than 130/80 mmHg. In fact, only two prospective trials
achieved a BP lower than 130/80 mmHg in people with type 2 diabetes, as did
three trials in advanced proteinuric CKD. Of these, one of the two diabetes
trials showed a benefit for overall cardiovascular risk reduction, and two of
the three kidney disease trials showed a benefit on slowing of advanced CKD. Of
note, however, these two trials in CKD had baseline average proteinuria rates
of more than 500 mg/day. No benefit of a lower BP was seen in microalbuminuric
CKD. Therefore, the totality of the prospective randomized trial evidence
indicates that a BP less than 130/80 mmHg is not defensible to slow nephropathy
progression unless proteinuria levels are at least 500 mg/day, and it does not
reduce overall cardiovascular events in diabetes. Stroke benefit was uniformly
seen at BP levels less than 130/80 mmHg, however. Therefore, newer guidelines
are emerging that state that the BP goal for most people is lower than
140/90mmHg with level IA or IB evidence, and that levels lower than 130/80 mmHg
are defensible only if advanced proteinuric CKD is present or stroke risk is
very high (i.e., history of prior stroke or several risk factors for stroke,
including hypertension, smoking, diabetes mellitus, dyslipidemia).
Fonte:
Pubblicato su Giornale del Medico Online, 5 ottobre 2011
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