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Le ricerche di Gerona 2005

(11-04-12) Il lavoro pu? salvare il cuore Macchina e tv possono distruggerlo


Un?attivit? lavorativa che comporti attivit? fisica moderata previene l?infarto. Chi possiede auto e Tv ? invece pi? a rischio
In ufficio dalle 9 alle 18, inchiodati alla scrivania alzandosi magari soltanto per fumare una sigaretta. All?estremo opposto, chi si sveglia la mattina e trascorre la giornata in un cantiere senza sedersi un attimo, se non per mangiare. Ebbene, n? per gli uni n? per gli altri il lavoro ha un effetto benefico sulla salute. Almeno per quanto riguarda il cuore e il rischio di incorrere in un infarto. Chi invece dall?attivit? lavorativa trae vantaggi sono tutti quei lavoratori che svolgono un?attivit? che comporti s? del moto fisico, ma moderato. ? questo il risultato di un grande studio internazionale pubblicato sull?European Heart Journal che finalmente fa chiarezza su un aspetto finora indagato con risultati alterni dalla ricerca: se l?attivit? fisica svolta sul luogo di lavoro sia efficace quanto quella svolta nel tempo libero nella riduzione del rischio cardiovascolare.
MEZZO MONDO SOTTO LA LENTE - L?Interhearth study (questo il nome della ricerca) ha coinvolto quasi 30 mila persone in 52 Paesi del mondo. I ricercatori, provenienti da Canada, Pakistan, Svezia e Stati Uniti, hanno confrontato l?attivit? fisica svolta al lavoro e nel tempo libero di 10.043 persone che avevano avuto un infarto con quello di 14.217 persone sane. Soltanto conferme per quanto concerne invece l?attivit? fisica svolta durante il tempo libero. Di qualunque tipo essa sia, intensa o moderata, ? efficace per abbassare il rischio di infarto: la riduzione ? del 13 per cento per quanti svolgono attivit? lieve (yoga, pesca, passeggiate leggere) e del 24 per quanti svolgono attivit? moderata-intensa. Inoltre, le probabilit? di avere un attacco cardiaco sono tanto pi? basse quanto pi? frequentemente ci si muove: lo studio ha riscontrato una riduzione dell?8 per cento per chi svolge fino a 30 minuti di attivit? fisica a settimana, mentre si sfiora quasi il 30 per cento se si superano le 3 ore e mezzo a settimana. La novit? importante che ? emersa dalla ricerca ? tuttavia un?altra: che anche il lavoro pu? essere benefico, purch? non sia sedentario n? troppo pesante.
IL LAVORO MOBILITA L?UOMO - Nel dettaglio i ricercatori hanno classificato l?attivit? lavorativa in quattro categorie: lavori sedentari, lavori che comportino una qualche forma cammino; attivit? in cui capita di camminare in salita o di trasportare oggetti pesanti e lavori pesanti. I risultati non sembrano lasciare adito a dubbi. Anche se si tengono in considerazione tutti gli altri fattori di rischio (Paese di provenienza, condizioni sociali e demografiche, stili di vita) le persone che svolgono un lavoro ?attivo? hanno minore rischio di essere colpiti da un infarto rispetto a quelle che svolgono un lavoro sedentario. E la riduzione del rischio pu? arrivare fino al 22 per cento.
AUTO E TV FATTORI DI RISCHIO - Lo studio, inoltre, si ? concentrato su un ulteriore quanto inusuale aspetto. Ha chiesto ai partecipanti se possedessero oggetti che fossero indice di uno stile di vita poco attivo: auto, televisione, computer. Dall?analisi dei dati ? emerso che chi possiede sia l?auto sia la TV ha un rischio del 27 per cento pi? alto di incorrere in un infarto. Non solo. Chi ha un auto o una TV ha anche una probabilit? 2 volte pi? alta di fare un lavoro sedentario. Non stupisce, invece, che chi a casa ha degli animali da allevamento ha un rischio di infarto ridotto del 22 per cento. Lo studio ha posto due domande, hanno commentato in un editoriale che ha accompagnato la ricerca Emeline M. Van Craenenbroeck e Viviane M. Conraads del dipartimento di Cardiologia dell?Antwerp University Hospital di Edegem in Belgio. ?I diversi costituenti dell?attivit? fisica quotidiana (lavoro o tempo libero) hanno un diverso impatto nella riduzione del rischio di infarto? E, secondariamente, ci sono potenziali indicatori di uno stile di vita sedentario che possano essere messi in relazione a un aumento del rischio cardiovascolare??, si sono chiesti. ?La risposta a entrambe le domande sembra essere un sincero s??.

Fonte: Antonino Michienzi
Corriere.it

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