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Le ricerche di Gerona 2005

(24-04-12) Tumori alla tiroide raddoppiati in 20 anni, aumento anche tra giovani


Milano, 5 apr. (Adnkronos Salute) - "L'incidenza dei tumori differenziati della tiroide ? raddoppiata negli ultimi 20 anni, con un incremento del 5% per anno". A dare un'idea numerica dell'inesorabile avanzata dei casi di cancro alla tiroide ? Giorgio De Toma, direttore del Dipartimento di chirurgia del Policlinico Umberto I di Roma. Un aumento che non risparmia i giovanissimi, anche 20enni. Il picco di massima incidenza, per?, si registra fra i 39 e i 45 anni.
Il tumore alla tiroide ? donna: il rapporto, spiega De Toma che presiede il Club delle Unit? di endocrinochirurgia (Uec), promotrici della quarta settimana nazionale della tiroide (visite gratis in oltre 100 centri specializzati da luned? 16 aprile a venerd? 20), ? di "3-4 a 1 per il sesso femminile". Oggi l'incidenza del carcinoma della tiroide, "anche se con prognosi molto favorevole (95% sopravvivenza a 10 anni) ? al sesto posto nella donna a parit? con melanoma e cancro dell'ovaio". La percentuale delle forme tumorali nei noduli tiroidei ? del 4-5%, continua lo specialista, "con 40 casi su 100 mila abitanti. La pi? alta incidenza pu? essere collegata alla maggiore sensibilit? diagnostica ed all'uso della citologia anche se non possono essere sottovalutate le radiazioni ionizzanti sia mediche, sia incidentali". Ci sono poi eventi bellici o casi di disastri nucleari, come quello alla centrale di Chernobyl nel 1986, per i quali ? stato dimostrato un rapporto di causa-effetto con i tumori, in quelle aree contaminate.
I noduli tiroidei palpabili, prosegue De Toma, "si presentano in media nel 3-5% della popolazione. Ma attualmente l'uso sempre pi? frequente dell'ecografia permette di scoprire noduli nel 40-50% della popolazione. Se prima a essere stanati erano solo quelli evidenti o accompagnati da segni o sintomi, oggi con questo esame balzano all'occhio anche quelli sotto il centimetro".
"La maggior parte delle malattie della tiroide - spiega Rocco Bellantone, direttore dell'Unit? operativa di chirurgia endocrina del Policlinico Gemelli di Roma e coordinatore della Rete oncologica per la Regione Lazio del cancro alla tiroide - viene curata con terapie mediche, solo una piccola parte richiede l'intervento del chirurgo. Quando serve il bisturi il ricorso a nuove tecniche e tecnologie consente di ridurre al minimo l'incisione e, quindi, la cicatrice sul collo oltre che limitare al massimo i rischi per le corde vocali".
Per i 'camici verdi' di questo settore i ferri sono hi-tech e le cicatrici sempre pi? piccole. Da un lato la chirurgia 'open', prevalente, praticata con l'uso di occhiali a lenti amplificate, interventi in cui il taglio ? minimo. Dall'altro le tecniche mininvasive come la 'Mivat', tecnica made in Italy in cui si usa una microcamera di pochi millimetri e un bisturi a ultrasuoni, indicata in precisi casi selezionati: per il gozzo quando il volume tiroideo ? inferiore a 25 ml e in caso di nodulo tiroideo singolo quando la dimensione non sia superiore ai 3 centimetri di diametro.
Sotto i ferri finiscono anche bambini. Anche se nei pi? piccoli, sottolinea De Toma, "il carcinoma differenziato della tiroide ha un'incidenza molto bassa, pari a 3-5 nuovi casi per 1.000.000 l'anno, ed ? estremamente raro prima dei 5 anni (fattori di rischio sono l'irradiazione di testa-collo per patologie benigne o per irradiazione esterna)". Ma capita che sul lettino della sala operatoria si stenda un beb? di pochi mesi, per malattie come il carcinoma midollare della tiroide che rappresenta il 5% delle neoplasie tiroidee. Nel 25% dei casi questo tumore "si presenta in forma eredo-familiare che va operata quanto pi? precocemente possibile, anche nel primo anno di vita ed ? legato a sindromi endocrine multiple". Sono casi, spiega Bellantone, "in cui la prevenzione ? totale. Si toglie la tiroide e si evita proprio l'insorgenza della grave malattia".
In Italia sono 6 milioni le persone che soffrono di problemi alla tiroide. "Ma con le campagne di prevenzione qualcosa si muove. Un esempio ? il lavoro fatto sulla promozione dell'uso del sale iodato - spiega Bellantone - da un po' di anni la situazione ? migliorata anche se l'Italia ha equiparato con ritardo rispetto al resto d'Europa i prezzi del sale normale e di quello iodato. E dunque su questo fronte siamo in ritardo di 4-5 anni". Lo iodio ? fondamentale per il buon funzionamento della tiroide, perch? la sintesi degli ormoni tiroidei dipende dalla disponibilit? di adeguate quantit?.
In Italia, come anche nel resto del mondo, ci sono zone molto carenti di questo minerale. Sono 'ricche' le localit? di mare, 'povere' quelle montane. Certo non ? come un tempo, riflette lo specialista, quando nelle zone a carenza di iodio "la normalit? era avere il gozzo". La mappa dell'Italia a 'iodio zero' conta diverse zone endemiche: le valli dell'Aspromonte in Calabria, della Marsica in Abruzzo, alcune zone montane del Piemonte. "Un tempo era famosa Cuneo per il record negativo sullo iodio. Una zona poverissima del prezioso minerale". Ma oggi, aggiunge De Toma, "queste valli non sono pi? cos? isolate e dipendenti da un unico approvvigionamento idrico. E anche nei paesi inerpicati sui costoni di alte montagne non si beve pi? solo l'acqua delle fonti locali. I cittadini bevono le minerali che si bevono nel resto d'Italia, consumano alimenti non a 'chilometro zero', coltivati, prodotti o confezionati altrove. Le fonti di iodio si moltiplicano".
Le soluzioni per mantenere la ghiandola a forma di 'papillon' in salute ci sono. Su tutte il sale iodato: "Il fabbisogno giornaliero di iodio ? di 150 microgrammi - ricorda l'esperto - 6 grammi di sale iodato corrispondono a 180 microgrammi di iodio. Non va dunque superata questa quantit?".

Fonte: Quotivadis

Commento del Dr. Parisi: La scelta del sale iodato non sembra una delle migliori , (come spiegato bene da Raul Vergini nel suo libro: ? Ipotiroidismo?, Macroedizioni, pagg. 115-115) per tutta una serie di motivi. Molto piu? indicato sarebbe il sale integrale.

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