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Le ricerche di Gerona 2005

(30-05-12) Quelle erbe spontanee dai campi alla tavola



Crude o cotte, sono un concentrato di vitamine e minerali. E, soprattutto, di sapori e gusti ai quali non siamo pi? abituati. Attenzione per? nella raccolta: prudenza, come con i funghi, alcune possono essere tossiche. Corsi e iniziative per imparare a riconoscerle
di ELVIRA NASELLI
Lo leggo dopo

Erba di vento, terracrepolo, caccialepre, porcellana, strigoli o barba di becco. Nomi evocativi e bellissimi, differenti da regione a regione, per le tante piante commestibili che crescono spontanee su prati e colline, e qualche volta persino in citt?. Si definiscono fitoalimurgiche, dal sottotitolo di "De alimenti urgentia" del medico fiorentino Giovanni Targioni-Tozzetti che per primo, nel 1767, descrisse i prodotti spontanei della terra utili a sfamare in tempi di carestia. Oggi molte di queste erbe fanno parte della tradizione gastronomica locale, in frittate, ravioli, minestre e zuppe.


"Lo stimolo ad andare per campi - premette Stefano Benvenuti che, alla facolt? di Agraria dell'ateneo pisano si occupa di valorizzazione della biodiversit? delle specie spontanee - oggi non ? pi? dettato dall'emergenza alimentare, ma dal benessere psicologico dato dalla ricerca e dall'elevata componente nutraceutica di queste piante, che nascondono principi attivi molto interessanti, sali minerali, vitamine, carotenoidi. Inoltre, rispetto agli ortaggi coltivati, hanno un gusto diverso e per alcuni nuovo, un sapore spesso amarognolo che non siamo pi? abituati ad apprezzare. Negli anni, infatti, l'uomo ha effettuato un miglioramento genetico per eliminare quei principi amari che per? spesso, nella giusta quantit?,
sono i veri marcatori del gusto. Il risultato ? che oggi abbiamo lattughe da taglio il cui sapore ? spesso solo un ideale esaltatore dei gusti dei condimenti, e il consumatore si ? assuefatto a sapori poco marcati. Sfido un giovane a mangiare e a gradire il terracrepolo".

Eppure, un po' dappertutto, ci sono corsi o iniziative per imparare a conoscere - e a raccogliere - le erbe spontanee. Un po' di prudenza ? per? d'obbligo. "Alcune piante - precisa Benvenuti - possono essere tossiche o addirittura velenose, motivo per cui consiglio di prendere confidenza con alcune erbe e raccogliere solo quelle. Proprio come si fa con i funghi".

Il periodo della raccolta, per mangiarle crude quando sono pi? tenere, ? la primavera, fino a maggio inoltrato, anche se spesso ? pi? facile riconoscerle quando sono in fiore. Il comunissimo papavero, per esempio, raccolto prima della fioritura ? molto buono. "Sia crudo che cotto, e si pu? mangiare senza alcun timore - prosegue Benvenuti - cos? come si possono utilizzare alcuni fiori, come quelli di borragine, molto dolci, da usare con quelli di tarassaco nella panzanella"
.
La borragine, in particolare, ? diffusa dappertutto. "I Romani aggiungevano i suoi fiori al vino e lo consideravano un antidoto alla tristezza - racconta Pietro Santamaria, del dipartimento di Scienze agroambientali e territoriali dell'universit? di Bari e coautore (con Vito Vincenzo Bianco e Rocco Mariani) di un bel libro sulle piante spontanee (Levante editore, Bari) - inoltre il succo ottenuto schiacciando le foglie veniva usato per stimolare la produzione di latte nelle nutrici. Si pu? consumare cruda - bagnandola con aceto per far ammorbidire le spine - o cotta, in frittelle o zuppe, o come ripieno. I fiori si possono anche far ghiacciare in un cubetto e usarle negli aperitivi. Dal punto di vista nutrizionale, poi, ha buone quantit? di potassio e vitamina A e ha pi? ferro persino degli spinaci. Non bisogna per? esagerare con il consumo poich? le foglie piccole contengono degli alcaloidi potenzialmente tossici per il fegato".

Sorprende la portulaca - o porcellana - una vera e propria infestante, ubiquitaria in molti orti. "? ricchissima in composti antiossidanti - continua Santamaria - e in acidi grassi omega 3, in quantit? molto elevata considerato che si tratta di una specie vegetale. Si pu? consumare cruda, in insalate miste, o in risotti, zuppe, gnocchi. Sempre senza eccedere, perch? l'elevato contenuto in ossalati potrebbe provocare calcoli renali".

Un nuovo progetto - di nicchia - ? la coltivazione di alcune specie spontanee. "Il motivo - spiega Benvenuti - ? che l'eccessiva notoriet? rischiava di portare alcune specie - come la cicerbita alpina, per esempio - alla scomparsa. E allora il tentativo ? quello di coltivarle senza alcun miglioramento genetico, proprio per lasciare inalterate le caratteristiche della pianta. Non siamo ancora alla produzione in scala ma l'idea ? di arrivare alla quarta gamma, alle insalate confezionate con un'aggiunta di erbette con il sapore dei campi. Ovviamente un business abbastanza ristretto ma credo possa suscitare apprezzamento nei consumatori".

Fonte: Repubblica.it

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