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Le ricerche di Gerona 2005

(16-02-13) Il ritorno a casa dopo il ricovero ? un fattore di rischio



I giorni successivi alla dimissione dall'ospedale sono un momento di grande
vulnerabilit? per le persone, in particolare per gli anziani. Uno su cinque,
infatti, viene riammesso nel giro di un mese, secondo i dati statunitensi (i
dati italiani sono solo parziali per via della regionalizzazione, ma sembrano
ricalcare quelli esteri). A mettere in luce il problema della cosiddetta
?sindrome post ospedaliera? ? Harlan Krumholz, un cardiologo dell'Universit? di
Yale, negli Stati Uniti dalle pagine del New England Journal of Medicine
(Nejm). In un perspective article dedicato alla questione, l'esperto avanza una
provocazione: ?Sarebbe il caso di considerare la dimissione un fattore di
rischio indipendente per la salute?. In realt? la proposta si basa su
valutazioni concrete: in ospedale i livelli di stress sono molto elevati (e per
un paziente cardiologico, per esempio, questo pu? essere un obiettivo fattore
di rischio); si dorme male; si mangia male o comunque diversamente dal solito;
l'attivit? fisica viene ridotta al minimo (con conseguenze su tutti i sistemi,
ma in primo luogo su quello circolatorio). Il ritorno a casa ? spesso
fisicamente faticoso, specie se il paziente non ? adeguatamente assistito ed ?
indebolito. Inoltre sono frequenti i cambiamenti di terapia alla dimissione,
che devono poi essere gestiti in solitudine, con i relativi errori e un
fisiologico calo della compliance. ?Negli anziani, l'ospedale costituisce la
prima causa di un calo delle competenze cognitive spesso irreversibile?
continua. Uno studio pubblicato in precedenza sul Nejm dimostra che spesso non
si torna in ospedale per la malattia che ha causato il primo ricovero: nel caso
dell'insufficienza cardiaca, per esempio, il 63% delle riammissioni ? provocato
da altra patologia, percentuale che sale al 79% in caso di malattie
gastrointestinali. ?Negli Stati Uniti le riammissioni sono penalizzanti per
l'ospedale dal punto di vista finanziario? spiega Krumholz. ?Si tende quindi a
evitarle: ma forse, per ridurle, bisogna lavorare meglio su due fronti:
l'organizzazione interna della vita ospedaliera - riducendo i fattori
stressogeni come il rumore o il dolore e potenziando gli stimoli cognitivi e
l'attivit? fisica - e un migliore collegamento tra medicina ospedaliera e
medicina di territorio, che consenta un passaggio graduale dalla completa
dipendenza della corsia alla completa autonomia della casa?.

Fonti:
N Engl J Med 2013; 368:100-102
doctornews33

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