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Le ricerche di Gerona 2005

(25-10-2017) Inibitori del TNF e rischio cardiovascolare




L’artrite reumatoide implica di per sé un aumento del rischio cardiovascolare, soprattutto a livello coronarico, in parte dovuto ai fattori di rischio della malattia stessa ed in parte per meccanismi non ancora noti. Sappiamo inoltre che l’uso degli inibitori del TNF diminuisce tale rischio, ma non è chiaro se la diminuzione sia dovuta ad un effetto diretto dei farmaci o piuttosto ad un miglioramento della malattia di base, per cui è stato realizzato questo studio svedese su 6.864 pazienti che hanno iniziato la terapia con gli inibitori del TNF e controllando dopo 5 mesi la situazione reumatologica e dopo 2 anni l’incidenza delle coronaropatie.

Ogni paziente è stato confrontato con 5 soggetti presi dalla popolazione generale e parificati per età, sesso e residenza. Nella coorte dei reumatici si sono verificate 131 sindromi coronariche. Mediante analisi aggiustate per fattori di rischio cardiovascolare si è visto che i pazienti con una buona risposta agli inibitori del TNF hanno avuto una probabilità di andare incontro ad un evento coronarico inferiore del 40% rispetto ai pazienti con cattiva risposta.
Rispetto ai controlli, i pazienti che non hanno risposto agli inibitori del TNF hanno presentato una probabilità superiore di 2.7 volte di andare incontro ad un evento coronarico dopo un anno, mentre i soggetti che hanno risposto bene non hanno presentato aumento del rischio.


In base a questo studio, gli inibitori del TNF da soli non assicurano un miglioramento del rischio cardiovascolare, mentre per ottenere tale diminuzione è necessario un miglior controllo della malattia di base (probabilmente attraverso meccanismi inerenti all’infiammazione non solo articolare ma anche vasale).


Bibliografia
Fonte: Ljung L et al. Response to biological treatment and subsequent risk of coronary events in rheumatoid arthritis. Annals of Rheumatic Diseases 2016 Dec; 75:2087

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